Il gigante bancario giapponese Norinchukin ha annunciato un piano di liquidazione di $63 miliardi in titoli di Stato statunitensi ed europei entro marzo 2025. Questa mossa è volta a far fronte a perdite non realizzate derivanti da investimenti in obbligazioni a basso rendimento, peggiorando significativamente la situazione patrimoniale della banca. La Norinchukin Bank, meglio conosciuta come il gigante giapponese dei CLO (Collateralized Loan Obligation), è stata inserita nella lista delle controparti della Standing Repo Facility della Fed, una sorta di fondo di salvataggio per banche estere. La situazione giapponese non è molto diversa da quella degli Stati Uniti, dove le banche stanno ancora affrontando perdite non realizzate per oltre mezzo trilione di dollari a causa dell'aumento dei tassi di interesse. Questo ha portato a una svalutazione significativa delle obbligazioni a lungo termine detenute dalle banche. La Norinchukin, non essendo una banca statunitense, non può avvalersi delle stesse misure di emergenza disponibili per le banche americane, come la possibilità di impegnare obbligazioni deprezzate alla struttura BTFP della Fed per ottenerne il valore nominale. La banca giapponese si trova dunque a dover liquidare i propri titoli in un mercato già teso, sperando di evitare una liquidazione disordinata e potenzialmente catastrofica in futuro.Secondo quanto riportato, la Norinchukin Bank ha registrato una perdita netta di 1,5 trilioni di yen per l'anno fiscale che terminerà a marzo 2025, un aumento rispetto alla previsione iniziale di 500 miliardi di yen. La banca prevede di vendere oltre 10 trilioni di yen in obbligazioni estere per ridurre il rischio di tasso d'interesse sovrano e diversificare verso asset con rischio di credito aziendale e individuale. L'annuncio della Norinchukin Bank potrebbe avere effetti significativi sul mercato obbligazionario globale, specialmente se altri investitori seguiranno l'esempio della banca giapponese. La liquidazione di una così grande quantità di obbligazioni potrebbe infatti causare un crollo dei prezzi, aggravando ulteriormente la crisi per le istituzioni finanziarie che detengono grandi quantità di questi titoli. Resta da vedere come il mercato reagirà a questa mossa e quali saranno le ripercussioni a lungo termine.